Prima elementare e difficoltà di apprendimento: i segnali da cogliere
Iniziare la prima elementare è un rito di passaggio: per i bambini, certo, ma anche (soprattutto?) per i genitori.
Zainetto in spalla, i figli sembrano d’un tratto diventare grandi…
Il primo giorno, fuori dal cancello di scuola, mamme e papà si asciugano furtivi una lacrimuccia commossa e scattano le foto di rito.
Ma oltre alla tenerezza per il figlio che comincia un nuovo, fondamentale capitolo della propria vita, l’inizio della scuola primaria porta con sé anche un fardello di dubbi e ansie nuove per i genitori (perché non ne avevamo già abbastanza… ehhh, questi figli!!).
Con il passare dei mesi, dubbi e domande aumentano…
«Mio figlio starà imparando al ritmo giusto?»
«Quelli che a me sembrano errori normalissimi per un bambino della sua età nascondono forse altro?»
«Il suo compagno di banco ha già imparato a scrivere bene alcune parole. Lui no… Perché?»
«Va tutto bene? È tutto “normale”?»
«E io? Io faccio abbastanza per aiutarlo?»
A rispondere a queste e molte altre domande è la dottoressa Anna Giulia De Cagno, logopedista e psicologa infantile, presidente dei logopedisti del Lazio e vicepresidente dei logopedisti italiani (Fli). La specialista in questa intervista racconta quali sono i segnali importanti che i genitori devono cogliere e i campanelli d’allarme da non sottovalutare.
«La buona notizia è che passato il primo quadrimestre è un ottimo momento per cominciare a osservare sistematicamente l’evoluzione delle competenze di un bambino che sta imparando a leggere e scrivere».
La scuola è iniziata a settembre… Non è un po’ presto per trarre delle conclusioni sul livello di apprendimento dei nostri figli?
«Non è presto. In realtà, i bambini arrivano in prima elementare che hanno già un’idea su lettura e scrittura. Hanno frequentato la scuola d’infanzia, che molto spesso li stimola in questo senso; come anche fanno le mamme e papà, magari mentre leggono loro delle storie. O ancora hanno fratellini più grandi, che già vanno a scuola.
I bambini a sei anni di norma si sono fatti un’idea personale del linguaggio scritto.
Si sono posti una serie di domande.
Arrivano a scuola e iniziano un percorso di apprendimento, che prevede varie fasi: e a fine gennaio dovrebbero avere appreso alcune competenze di base».
Quali?
«A fine gennaio un bambino dovrebbe quanto meno avere compreso che c’è una corrispondenza fonema-grafema (rispetto alla scrittura) o grafema-fonema (se parliamo di lettura)».
Che significa?
«Che il bambino deve avere capito che le parole non hanno solo una corrispondenza con il significato, ma anche con la veste sonora e grafica. Che le lettere rappresentano suoni e viceversa.
In altre parole, l’albero non è solo quello che sta in giardino, con tronco e fronde e foglie, ma anche una parola che inizia con la A.
Se il bambino ha fatto questo salto cognitivo (che si chiama “decentramento cognitivo” in gergo tecnico), sarà in grado di segmentare le parole, spezzettarle nei suoni che le compongono, e quindi di scriverle o di riconoscerle e leggerle».
Non stiamo parlando di errori di ortografia, quindi?
«No. Non si pretende che il bambino sappia controllare l’ortografia né leggere/scrivere frasi complesse.
Dovrebbe però saper riconoscere tutte le lettere dell’alfabeto e scrivere autonomamente o sotto dettatura alcune parole semplici come le bisillabiche o trisillabiche piane (es. casa o banana)».
Ma come si impara a scrivere?
«Per apprendere la scrittura, il bambino passa attraverso quattro frasi:
- preconvenzionale,
- sillabica,
- sillabica alfabetica,
- alfabetica.
Nella fase preconvenzionale: il bambino fa finta di leggere e scrivere e può anche riconoscere alcune parole, però non ha capito che c’è una corrispondenza grafema-fonema (avete presente quando i bambini piccoli fanno finta di leggere? O “giocano” a scrivere?).
Quando invece i bambini cominciano ad essere esposti all’apprendimento, inizia quella che i tecnici chiamano la fase sillabica. Imparano ad analizzare i suoni delle parole, cominciando con quelli per loro più facili. Un bambino in questa fase potrebbe scrivere per esempio SE al posto di SOLE.
Dalla fase sillabica, si passa alla successiva: la fase sillabica alfabetica, che ne è evoluzione naturale. Continuando con il nostro esempio di prima, il bambino scriverà SOE, al posto di SOLE.
Per ultima, c’è la fase alfabetica: il bambino ha imparato, e scrive SOLE.
Ecco: questa fase dovrebbe essere raggiunta a fine gennaio».
E se invece non è stata raggiunta?
«Per prima cosa: no agli allarmismi. Non è detto che la causa sia un ritardo cognitivo.
I motivi possono essere vari.
Per esempio, ci può essere una difficoltà di tipo linguistico, magari un pregresso disturbo del linguaggio (es. se ha imparato a parlare tardi o con difficoltà); in questo caso, il bambino potrebbe essere in ritardo rispetto allo standard delle quattro fasi di sviluppo che abbiamo elencato prima e che tutti i bambini attraversano».
Come ci accorgiamo se nostro figlio non ha capito la corrispondenza grafema-fonema?
«Se il bambino non riesce a leggere o a scrivere sotto dettatura semplici parole, o se osservandolo mentre legge ci accorgiamo che conosce tutte le lettere, ma non riesce ad accedere al significato della parola appena letta».
E a quel punto che cosa possono fare i genitori?
«In primo luogo, confrontarsi con le insegnanti che hanno il polso delle situazione.
Ricordo che ormai dal 2011 le linee guida del Miur per il diritto allo studio indicano con precisione che cosa è importante che gli insegnanti osservino e quali sono le attività di potenziamento da mettere in atto con i bambini durante queste prime fasi dell’apprendimento.
Consiglio poi di portare il figlio a fare una valutazione dal logopedista per indagare i prerequisiti della letto-scrittura, anche perché ci sono ampi margini di variabilità nelle competenze legate agli apprendimenti.
Mamma e papà possono poi provare a lavorare un po’ tutti i giorni con il bambino su lettura e scrittura. In questo senso, la quotidianità è importante.
Spesso a scuola i bambini fanno il tempo pieno e a casa sono stanchi, vogliono giocare o dedicarsi ad altre attività.
Ma questo significa che non hanno tempo e modo di ragionare individualmente sulle eventuali difficoltà che possono avere incontrato durante la giornata a scuola.
Ecco perché – lo ripeto – è opportuno che i genitori dedichino un po’ di tempo tutti i giorni a osservare i quaderni e a lavorare un po’ il bambino, magari con il giochi che vadano a stimolare la conoscenza dei suoni che formano le parole come “È arrivato un treno carico di… P”, o il “gioco del marziano”».
Il gioco del marziano?
«Un marziano che arriva sulla Terra e non sa parlare bene la nostra lingua: parla facendo lo spelling. Per esempio, il marziano dirà P-A-S-T-A. Che cosa ha detto il marziano? Il bambino dovrebbe rispondere PASTA. Il marziano possono essere a turno mamma o papà e il bambino. Sono piccole attività di gioco, che si possono fare ovunque, anche in auto».
Quando i genitori si devono allarmare?
«Dopo avere parlato con le insegnanti e avere stimolato il figlio, se ancora la situazione non cambia dopo un po’ di potenziamento (diciamo un paio di mesi), è opportuno rivolgersi a uno specialista che li possa aiutare, tracciando un profilo di competenze del bambino rispetto all’apprendimento attraverso test standardizzati per la sua età e per la classe che frequenta.
In ogni caso, ricordo che per fare una diagnosi certa di disturbo specifico dell’apprendimento, bisogna arrivare a metà-fine della seconda elementare.
Il bambino deve aver avuto il tempo necessario ad acquisire l’automatismo della lettura e scrittura, che è quello che si definisce un “apprendimento procedurale”. È come quando si impara a guidare la macchina: all’inizio, nessuno è bravissimo. Bisogna avere tempo per esercitarsi, apprendere la procedura e automatizzarla, così da essere poi in grado di guidare in tutte le situazioni.
Quali sono i disturbi specifici dell’apprendimento (DSA)?
Dislessia, disortografia, disgrafia, discalculia.
La dislessia comporta difficoltà solo nell’ambito della lettura (non della scrittura). Si caratterizza con lettura lenta, incerta, con delle pause. Il bambino dislessico non riesce a raggiunge l’automatismo: ogni volta analizza le parole come se fosse la prima volta che le vede. Questo è tanto più vero quanto più è grave la dislessia, di cui esistono diversi livelli.
La disortografia riguarda invece la scrittura. Il bambino non riesce a fare le operazioni di transcodifica; ovvero, non riesce a tradurre correttamente i suoni in lettere. Commette numerosi errori: es. omissioni di lettere, doppie, lettere sostituite, etc…
La disgrafia rimanda alla cattiva esecuzione grafo-motoria. Il bambino non commette errori di ortografia, ma ha una difficoltà motoria nell’eseguire la forma delle lettere. Se a un bambino disgrafico dai un computer, quel bambino scriverà correttamente.
Mentre la discalculia è la difficoltà a elaborare numeri e calcoli. in questo caso bisogna arrivare alla fine della terza elementare per una diagnosi.
Importante da sapere (anche per tranquillizzare genitori ansiosi):