Depressione post partum: quali sono i diritti di una lavoratrice
Depressione post partum. Quali sono i diritti della mamma in congedo per maternità a cui viene diagnosticata? La depressione post partum colpisce sempre più mamme che oltre a doversi destreggiare con questo problema di salute e la gestione di una nuova vita devono capire come poter intervenire lavorativamente per far valere i propri diritti. La legge permette un’assenza di 5 mesi totali con una DPP riconosciuta dal medico. Ma quali sono i dettagli? Sveliamo tutto comprese le info sulla visita fiscale in questo post.
Depressione post parto: le norme
Ad oggi il legislatore non ha previsto una normativa specifica per la depressione post parto, né per altre patologie che possono insorgere in relazione alla gravidanza. Bisogna quindi trattare la depressione post parto come una qualunque patologia che possa affliggere la lavoratrice. Cambia però in base al periodo in cui viene diagnosticata.
Cosa cambia?
Dobbiamo distinguere se la patologia insorge nella fase di divieto obbligatorio di adibizione della lavoratrice madre all’attività (fino a quattro mesi dopo il parto, a seconda della scelta operata prima del parto), oppure nella fase di astensione facoltativa, conosciuta come “congedi parentali”.
Patologia diagnosticata durante l’astensione obbligatoria
Nella prima ipotesi, l’articolo 22, c. due d.lgs. 151/2001, precisa che l’indennità di maternità è comprensiva di ogni altra indennità spettante per malattia, quindi l’insorgenza di qualunque patologia in questa fase risulta essere neutra, ai fini della decorrenza del periodo complessivo di astensione dal lavoro, né occorre comunicarla al datore di lavoro.
Periodo di astensione facoltativa
In quel caso la lavoratrice può decidere se intende sospendere la fruizione del congedo parentale per ottenere, al contrario l’indennità per malattia. In questa seconda ipotesi deve debitamente informare il proprio datore di lavoro, procedendo, tramite il proprio medico di famiglia all’invio del certificato medico, affinché, il periodo di assenza venga considerato “assenza per malattia” (con relativa indennità) invece che come “astensione facoltativa” (anch’essa con relativa indennità). Si precisa che, durante il periodo di malattia, la lavoratrice madre deve essere reperibile nella propria abitazione per le cosiddette “visite fiscali” ed i periodi di malattia si calcolano ai fini del raggiungimento del periodo di comporto (limite massimo di assenze per malattia, superato il quale, il datore di lavoro può intimare il licenziamento).