Come le famiglie hanno affrontato la Pandemia: uno studio
Ai tempi della pandemia, passata la fase 1 e poi entrati nella 2, le più in crisi sono state le famiglie di cui si sono dimenticati i bisogni o si sono trascurate le difficoltà. Smart working e didattica a distanza in particolare sono state particolarmente complicate per piccoli e grandi, con diverse criticità se non analizzate attentamente.
Come le famiglie hanno affrontato la Pandemia: lo smart working
Le famiglie, e soprattutto le donne, si sono trovate a gestire il cosiddetto smart working che, con bambini piccoli e privati di abitudini e relazioni con i coetanei, è diventato ancora più difficile di quanto non fosse già. Per un bambino in età prescolare infatti per distinguere gli ambiti di casa e lavoro ci vuole tempo, che spesso non si ha, e pazienza.
Per i bambini più grandi c’è stata poi la questione della didattica a distanza che è risultata molto complicata a partire dal fattore tecnico: per chi aveva più figli, districarsi tra tablet e PC non è stato affatto semplice. Senza considerare il carico cognitivo ed emotivo per ragazzi che sono rimasti per ore davanti agli schermi e poi si sono trovati a fare i compiti con l’assistenza più o meno richiesta del genitore.
Lo studio
Uno studio molto interessante dal titolo “Impact of Covid-19 on Corporate Mothers” è stato realizzato da Aneuvia ed ha coinvolto più di 150 donne lavoratrici americane con figli di età inferiore ai 18 anni.
Dall’indagine è emersa una crescita significativa delle responsabilità di cura a carico delle donne che sono passate dal 5% al 62%. Il compito di accudire i bambini grava ormai quasi interamente sulle madri, considerata anche la possibilità sempre più rara di ricorrere alle baby sitter in un periodo di distanziamento sociale.
In un tempo di incertezza sanitaria, economica e sociale le madri lavoratrici sono state quindi le più a rischio burnout. Lo hanno dimostrato i dati sulle preoccupazioni condivise dalle donne: le ansie maggiori hanno a oggetto i bisogni dei propri figli (49%), le richieste di lavorare da casa (48%) e la perdita di reddito (19%).
La pressione sulle mamme lavoratrici
Insomma c’è stata più pressione sulle madri che hanno dovuto essere insegnanti ed educatrici specializzate. Tutto questo senza dimenticare gli altri fattori di stress. Molte famiglie sono rimaste isolate e stressate.
Lo smart working doveva essere considerato anche in rapporto al numero di figli ed alla loro età, nonché alla presenza dell’altro genitore o baby sitter che potesse permettere al lavoratore uno spazio adeguato, il numero e la presenza di dispositivi presenti in famiglia poi sono un altro fattore importante.
Sforzarsi per organizzare lo spazio che originariamente erano pensati per vivere non è stato né facile né immediato. Molte aziende consapevoli di questo hanno infatti aumentato la flessibilità delle ore di lavoro e ridotto le riunioni.
La didattica a distanza
Per quanto riguarda la didattica a distanza, soprattutto per i bambini della scuola primaria, questa ha creato affaticamento cognitivo ed emotivo che ha danneggiato in parte il loro equilibrio psicologico in un momento in cui socialità e gioco sono stati limitati.
I compiti assegnati avrebbero dovuto essere ridotti e tener conto del fatto che i genitori non avrebbero potuto seguire al 100% i figli. Un errore di valutazione per cui stiamo pagando ancora oggi, a distanza dalla “fase 1”, “fase 2”, “fase 3” e il cosiddetto “liberi tutti”.